…RICORDI 23 aprile 1827 costruire il porto…
Non voglio incorrere nella reprimenda di qualche zelante studioso delle arti marinare nonché profondo conoscitore del nostro porto, delle correnti marine, dei venti dominanti e di quelli regnanti, dei distinguo tra tramontana e maestrale, quindi metto le mani avanti e siano i lettori di Fax a dare un nome, se lo ritengono, al banchinamento del nostro porto visto che, per parte mia, ho qualche incertezza sulla sua denominazione. A confondermi ci hanno pensato gli addetti ai lavori. Infatti, la Soprintendente ad interim, arch. Maria Piccarreta, lo definisce «Molo di Ponente, opera fondativa dell’infrastruttura portuale»; il Comandante della Capitaneria di Porto di Bari teme «che, il Molo di Ponente, venga interamente destinato a percorso urbano e museale»; l’ing. Barbara Loconsole del Dipartimento regionale Ambiente, Paesaggio e Qualità urbana dice: «L’intervento consiste in una riqualificazione dell’area portuale nel Comune di Mola di Bari, in particolare nel primo tratto del Molo di Ponente per una lunghezza di circa 200 mt». Infine, il progettista, nella breve sintesi della storia del porto, scrive che «Tra il 1916 e il 1931 si costruirono il secondo e il terzo braccio del Molo di Tramontana». A questo punto sono andato in tilt perché la tramontana è un vento che spira da Nord, mentre il ponente è un vento che spira da Ovest. Sempre nella sintesi storica si parla di un «faro sulla testata della diga di Maestro»; è evidente che si parla del terzo braccio del nostro molo. E allora, a questo punto, io mi limiterò a chiamarlo Molo di Ponente, senza patemi d’animo, perché la questione non è come chiamare il Molo del nostro porto, bensì quale giudizio dare al progetto che coinvolge esclusivamente il primo braccio del Molo, quello, per intenderci, che è fortemente identitario col suo Muraglione dotato di passeggiata aerea lungo circa 200 mt. Superato, quindi, in premessa quest’ostacolo, veniamo al progetto.
Si dice che la ristrutturazione del primo braccio costituisca il continuum del Fronte Mare Nord, cioè di quella vasta distesa di cemento che è quanto rimane del progetto Bohigas. Dalla lettura delle annotazioni e delle osservazioni alla copiosa parte grafica del progetto, nonché dalle esplicite dichiarazioni del progettista, si evince che detto progetto è finalizzato ad uno stravolgimento del sito attraverso un «completo rinnovo della veste estetica e funzionale del luogo». L’espressione utilizzata ha suscitato in me una profonda tristezza perché dimostra che si tratta di un ulteriore intervento di cancellazione della nostra memoria storica. Lo stupro del nostro Muraglione con interventi da “casa delle bambole”, finanziato con 2 milioni di euro dall’Unione Europea, si inserirebbe in un accordo di cooperazione tra la Regione Puglia, il Comune di Otranto, il Comune di Mola di Bari e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, e dovrebbe essere finalizzato, con obiettivi turistici, al collegamento di alcuni porti minori pugliesi con la Grecia (Corfù). Più esattamente si tratterebbe di uno stralcio di un intervento molto più ampio che dovrebbe interessare la riqualificazione di tutta l’area portuale di cui, tuttavia, non si conoscono neppure le linee generali. Il richiamo alle linee generali non è la richiesta dell’appagamento di una mera curiosità, bensì il diritto di conoscere la posizione dell’Amministrazione Colonna sulla valorizzazione di “Mola vecchia”; per cui non ci si deve stupire se si chiede se nel programma generale di questi interventi sono previsti lo spostamento dell’indecoroso Mercato ittico, il riordino del Bacino portuale (che attualmente è solo la rappresentazione di una disordinata, ibrida, inaccettabile commistione tra motopescherecci e natanti da diporto), l’utilizzo dell’ampio bacino delimitato dal Molo di Levante, la manutenzione straordinaria dell’intero Molo di Ponente, e così via. In ogni caso, in riferimento agli interventi a farsi e previsti in progetto, mai avremmo pensato ad un’operazione di maquillage che prevedesse una «passerella belvedere in quota», «una promenade attrezzata», «una pelle metallica»; il tutto col chiaro intento di occultare il Molo storico per il quale, invece, avremmo auspicato radicali interventi di consolidamento e di restauro e non già «rivisitazioni» che, per un verso, stravolgono la bellezza del Muraglione, per altro verso, ne offendono la valenza storica. Noi molesi di “dentro la terra”, pertanto, pensiamo che il progetto sia da rifare partendo da un approccio culturalmente opposto a quello che ha ispirato l’arch. Salimei. Perché il progetto è sbagliato in radice quando pretende, con discutibili mascherature in acciaio, la cancellazione del nostro passato con il consenso entusiasta dell’Amministrazione Berlen (il povero Colonna Giuseppe non merita menzione perché è il Carneade in questa come in altre circostanze), con dissacrante pretesa della cancellazione della cultura e della storia attraverso un radicale cambiamento sia della veste scenografica che funzionale del luogo. Non solo, ma si ha il sospetto che si progetti per stupire, che l’esercizio grafico abbia la meglio sul prodotto finale, che l’estetica abbia la preminenza sulla funzionalità, che mezzo e fine siano rovesciati. Il rischio, in questi casi, è che si perda tempo, si perdano i finanziamenti per la gran parte e che il prodotto finale, da presunta opera d’arte, si traduca in una deludente fetecchia. Ma cosa si vuole fare del nostro Paese? Per un verso si è radicali nella difesa della nostra memoria storica che si richiami al Castello o al Palazzo Roberti o al Monastero di Santa Chiara e così via, mentre per altro verso i nostri amministratori vorrebbero fare una «promenade» del nostro Molo storico, eretto non per il trastullo del popolo, ma a protezione delle nostre barche, siano essi paranze, trabaccoli o motopescherecci. Evitiamo, per carità, di cancellare le nostre memorie che hanno radici profonde nella terra dei nostri contadini e nel mare dei nostri pescatori. Bene dunque hanno fatto Soprintendenza e Dipartimento Ambiente a stroncare alla base il progetto. Infatti, il Soprintendente ad interim, arch. Maria Piccarreta, di archeologia, belle arti e paesaggio, osserva che «L’idea progettuale… ignora del tutto il valore culturale del Molo di Ponente… La criticità principale del progetto consiste, infatti, nel disconoscimento della preesistenza quale bene oggetto di tutela e valore prevalente del sito; protagonista dell’intervento risulta, invece, il nuovo manufatto metallico che… ne svilisce il valore di bene culturale… relegando il Molo stesso ad una funzione subalterna». Sono state, ahinoi, inutili osservazioni perché il progetto ripresentato, teoricamente rivisto e corretto, non è stato soggetto ad alcuna modifica, vero è che ha subito la stessa censura con cui è stato liquidato il primo, ma questa volta, ed in particolare, dal Dipartimento Ambiente della Regione Puglia. Infatti, il Dipartimento osserva che «La realizzazione della struttura terminale per dimensione, forma e struttura risulta avulsa dal contesto strutturale e materico del Molo; la realizzazione della pelle metallica in acciaio corten a ridosso dell’edificio della Guardia Costiera oltre a non essere strettamente necessaria al processo di valorizzazione e riqualificazione del Porto, altera la percezione che si ha della radice del Molo dalla via Lungara Porto; la realizzazione delle aiuole e delle isole di verde sul Molo… non è riconducibile alle architetture di pietra degli stessi moli pugliesi». Orbene, destinatario di queste osservazioni è il Responsabile Unico del procedimento nonché capo settore LL.PP. che pertanto è ampiamente informato del fatto che il progetto, nelle due versioni presentate ufficialmente nelle conferenze del 28/6 e del 4/8, è risultato essere in totale contrasto con i luoghi di contesto. Pertanto è lecito credere che debba agire di conseguenza e impedire che si proceda con i lavori in assenza di un progetto esecutivo e quindi senza i pareri favorevoli allegati. Eppure, a fronte di queste critiche demolitorie, c’è nel nostro Paese, un signore, il sig. Giuseppe Colonna, Sindaco pro tempore, che si dichiara soddisfatto perché, a suo dire, si è raggiunto un «risultatone». Queste uscite, apparentemente insensate, fanno parte di una strategia ben collaudata: siamo al quarto anno di mandato e il Sindaco Colonna è, dal giorno dell’insediamento, che, col suo staff, è impegnato a curare la sua immagine guardando alle elezioni amministrative del 2023, sapendo che può contare sullo zoccolo duro del suo elettorato; sa che non è compito suo, per inadeguatezza, l’amministrare il Paese che, ormai, è chiaramente nelle mani dell’Assessore Nico Berlen. Lui, il Sindaco, da buon garzone di bottega, sta studiando in quale veste presentarsi alla sua clientela al momento giusto per incassare il dovuto in termini elettorali. Il rischio, purtroppo, che la spunti è concreto, ove la opposizione, per una parte cospicua, non si scuota dal torpore che l’affligge da tempo.
Sen. Ing. Ernesto Maggi
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